Leonardo non amava definirsi un pittore. Disprezzava quasi, la pittura che riteneva solo un mezzo per comprendere la natura. La sua produzione pittorica certa consiste in soli dodici dipinti, un affresco e due cartoni preparatori.
Di una «testa di Lisa del Giocondo» si fa cenno per la prima volta a Firenze nel 1503 come di un dipinto che Leonardo non riusciva a terminare. Se ne sono perse le tracce fino al 1625 quando Cassiano dal Pozzo, un collezionista d’arte di origini piemontesi, ritenne di identifcarlo in quello che allora era esposto a Fontainebleau.
Il dipinto è stato realizzato a olio su una sottile tavola di pioppo di 77 x 53 centimetri tramite una infinita serie di velature estremamente trasparenti. Il disegno preparatorio appena accennato riportato a spolvero mostra già la presenza di una montagna che riproduce uno scorcio alpino identificato in un cartone di Leonardo datato 1508/13. Questo elemento esclude che il dipinto sia stato realizzato prima di tale data, e sconfessa dunque la diffusa convinzione che il soggetto sia la donna fiorentina a cui si fa riferimento nel 1503.
Nel descrivere il dipinto Vasari parla di una donna completamente diversa da quella che osserviamo oggi. Scrive di peli, ciglia e rossore del viso che non sono della Gioconda che conosciamo. Forse Vasari non vide mai veramente il dipinto, o se lo vide era in una versione poi completamente rivisitata da Leonardo.
Studi documentali approfonditi avvalorano l’ipotesi che la donna rappresentata sia in realtà l’amante di Giuliano dei Medici, morto nel 1516, ma rimane il fatto che Leonardo porta il dipinto con sé in Francia e continua a lavorarci per tutta la vita.
La perfetta sovrapponibilità del volto della Gioconda, dell’autoritratto (riflesso) di Leonardo e del ritratto del suo allievo prediletto, non può essere un caso, ma non sapremo mai se nasconde un messaggio intenzionale volto a fondere la natura nella sua dimensione maschile e femminile che si evolve nel tempo in una sintesi universale o se è soltanto la conseguenza di un espediente tecnico, cioè l’utilizzo di cartoni o schemi predefiniti in uso alla bottega del maestro.
Rimarrà per sempre un mistero.
[AL]